Sotto Torchio - 7 Giugno 2022

Politiche 2023, Palamara: “Mi candiderò. Giustizia e verità interessano all’elettorato”

Per l’approfondimento quotidiano su Riformista Tv a Sotto Torchio condotto da Aldo Torchiaro entriamo nel merito dei Referendum con una persona che non ha bisogno di presentazioni, Luca Palamara. È stato a capo della Magistratura associata, è stato protagonista di una vicenda sul funzionamento della magistratura in Italia. Palamara ha anche scritto insieme a Sallusti due bestseller Il Sistema prima poi l’ultimo Lobby e Logge.

Come si spiega il successo di questi libri? Palamara: “C’è un interesse da parte di molti di non accontentarsi di verità preconfezionate e di andare in fondo alle storie. Troppo spesso in Italia il tema della giustizia è stato trattato solo da una ‘parte’ e ritenendo che lì, in quel racconto, si annidasse la verità. Tant’è vero che quella ‘parte’, quella del sistema per intenderci, è refrattaria ad accettare che ci sia un racconto diverso. Nel libro non c’è nessuna verità rivelata ma il racconto di un’esperienza diretta, vissuta. C’è la volontà di squarciare il velo di ipocrisia e soprattutto fare un discorso per i magistrati che non hanno fatto parte di quel meccanismo, per i magistrati che hanno chiesto di raccontare, per i cittadini che non vogliono una magistratura politicizzata”.

Se ne Il Sistema si parlava delle dinamiche interne alla magistratura, cosa aggiunge dunque il secondo libro Lobby e Legge. Palamara: “Parte dal mal riuscito tentativo di disinformazione sulla cosiddetta Loggia Ungheria e sui verbali. Poi sono venuti i racconti dei pm titolari diretti del dibattimento, mi riferisco a Paolo Storari, che hanno squarciato la vulgata iniziale secondo la quale esistono delle lobby di pressione esterne che hanno influenzato le nomine. Se ne Il Sistema il focus era su come il sistema delle correnti incide sulle nomine privilegiando l’appartenenza correntizia rispetto al merito il secondo risponde alla domanda: Perché in determinate situazioni i magistrati utilizzano determinate dichiarazioni per altri fini? Il riferimento al processo Eni è puramente causale”.

Il grande successo di questi libri racconta di persone che vogliono sapere e capire, ma venendo ai temi attuali e referendari, oggi si dice che non interessano a nessuno, che sono solo questioni tecniche, c’è una dicotomia. Con all’orizzonte il prossimo 12 giugno, se Palamara veda librerie piene e urne vuote.

“A torto o a ragione il tema della giustizia è stato sdoganato – Spiega – C’era un tentativo di lasciarlo interno tra magistrati, correnti e beghe condominiali se non ché poi il racconto è uscito fuori. Uscito dalle aule di giustizia, dai convegni tra magistrati e avvocati, da quelle enclavi che sono le riunioni correntizie. Ormai la gente vuole capire. Non vuole sentire solo una versione. Vuole capire cosa è la separazione delle carriere, vuole capire se un sindaco si deve dimettere dopo che è stato raggiunto da una sentenza di primo grado, vuole capire se esiste o meno il problema della carcerazione preventiva, vuole capire cosa è questo benedetto Csm e come si relazionano magistratura e politica. Questo vuol dire che i cittadini si stanno riappropriando della discussione su un tema che appartiene a tutti perché tutti hanno diritto ad avere una giustizia giusta, che funziona e che non è politicizzata. Altrimenti chi ha a che fare con la giustizia non capisce se ha davanti un magistrato o un politico. Quando da presidente dell’Anm o consigliere del Csm venivo fermato, mi si chiedeva ‘Ma quel magistrato è di sinistra o è di destra, appartiene a una corrente o all’altra?’. La nostra favoletta interna che ci raccontavamo: ‘Un conto sono le idee che io ho, un conto è quando decido’ non regge più”.
La tornata referendaria deve fare i conti con limiti della politica e con la penuria di leader nel panorama: sono infatti quest’ultimi che in primis non hanno sostenuto la campagna, tanto per i si quanto per i no. Se il quorum non dovesse essere raggiunto nessuno infatti vorrebbe associarsi ad una sconfitta.

Sul rapporto di Palamara con la politica e se abbia intenzione di candidarsi: “Voglio proseguire nell’esercizio dell’attività politica. Occuparmi dei temi della giustizia è un po’ quello che o sempre fatto. Voglio rimettere il mio vissuto per squarciare un velo di ipocrisia”.

Palamara già aveva corso alle ultime suppletive per la Camera. Adesso c’è il 2023, quando si tornerà per votare per le politiche. Sul nuovo corso di Palamara: “Innanzitutto rilancerò con forza le idee della mia candidatura. Non vado alla ricerca di questa o quella maglietta. Penso che siano i cittadini a decidere la politica. Se i cittadini vorranno concretizzata questa situazione poi deciderò come e quando. Al momento giusto”. “Il tema della giustizia – motiva sugli argomenti a supporto della candidatura – interessa una grande parte dell’elettorato di questo Paese. Sulla giustizia non possono esserci divisioni, da un lato il partito dei giustizialisti, dall’altro quello dei garantisti. La giustizia è di tutti. La giustizia è un tema sul quale va raccontata la verità”.

“Anche sulla pelle di molti magistrati, è stata compiuta l’operazione di portare la giustizia e la magistratura sul terreno della contrapposizione politica. Farla diventare una sorta di partito, ora contro questo, ora contro quello. Questa è un’operazione inaccettabile in una democrazia”.

Poi sulla classe politica: “Non ha interesse a fare questa riforma. La classe politica cerca un lasciapassare da parte della magistratura associata o dal Csm che non arriverà mai. Finché non ci sarà una volontà riformatrice messa in mano a chi ha vissuto realmente queste situazioni non ne usciamo fuori. Ci vuole un coraggio decisionale, fatto da tavoli tecnici, da persone che esprimono i propri punti di vista ma senza chiedere i lasciapassare. Se si chiedono lasciapassare non li si otterranno mai”.

Se la riforma Cartabia si avvicina per quanto riguarda il Csm, Palamara: “Non si avvicina. La riforma Cartabia nasce sulla base di atti presupposti. Sabbiamo benissimo che c’è il problema del Pnnr. Bisogna dare una risposta all’Europa. Bisogna dire all’Europa che col Pnnr è stato fatto qualcosa di importante però con la riforma Cartabia non c’entrano niente i discorsi sul rapporto tra magistratura e politica”

“Un esempio: sicuramente il discorso sulle porte girevoli è importante. È giusto che chi faccia il magistrato poi non faccia il politico. Mi chiedo però perché non si parte dalle origini. Alla fine degli anni Novanta, l’ex presidente dell’Anm Elena Paciotti venne candidata nel partito della sinistra. Non ci furono levate di scudi. Oggi ci sono”.

Ma il problema non è solo con le porte girevoli: “Il problema è soprattutto con i fuori ruolo. Il problema è capire come e perché quel magistrato viene chiamato a fare il capo di gabinetto di quel ministro, cioè di quella parte politica. Come e perché quel magistrato viene chiamato a fare il capo dell’ufficio legislativo, cioè quello che traduce la volontà politica in legge, diventando di fatto un consigliere di quella parte politica. Quando giudica quella parte, è indipendente? Se la magistratura vuole essere indipendente, autonoma e imparziale deve esserlo per davvero.

La riforma del Csm che Luca Palamara sogna: “C’è bisogno di dare uno shock ai problemi che sono venuti fuori. Da presidente dell’Anm, quando ero uomo di corrente, infastidiva il controcanto dei magistrati controcorrente. Volevano e vogliono il sorteggio, l’unico modo per spezzare il meccanismo di controllo. Penso che quello debba essere un esperimento per mettere alla prova una nuova classe dirigente all’interno della magistratura. Viene meno quel giochino per il quale già sappiamo chi sarà candidato e chi andrà al Csm. Già sappiamo chi sarà il candidato del prossimo comitato direttivo centrale. Già si sa chi dovrà essere il procuratore di questo o quell’ufficio”.

Torchiaro pone l’accento sull’argomento referendario della separazione delle carriere, riprendendo le affermazioni di Alfonso Giordano: “Pm e giudicanti non possono crescere insieme, si crea un pregiudizio colpevolista”.

Palamara: “Queste parole, di una verità profonda, fotografano quella che è la situazione realmente esistente all’interno della magistratura. Una situazione aggravata ancor di più quando c’è l’idea che il processo debba essere vinto a tutti i costi. Chi parla ha fatto solo il pm. Trent’anni fa, nella stagione di Tangentopoli e delle stragi l’idea era non tanto vincere il concorso quanto fare il pm. Ormai dal 2007 le carriere sono indirizzate. Il mantra nella magistratura è che le carriere non si toccano, non devono essere separate. Da presidente dell’Anm ho difeso questi principi. La realtà mi dice oggi i magistrati vogliono fare carriera e specializzarsi. Anche la mia esperienza mi fa toccare con mano quanto sia importante garantire il diritto di difesa e mi fa recepire un’altra battaglia, quella delle camere penali, ovvero del giudice terzo. Questo è un diritto che deve essere garantito”.

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