Sotto Torchio - 14 Dicembre 2022

Carceri, padre Vittorio Trani (R. Coeli): “Alcuni meccanismi della giustizia limitano tantissimo la rieducazione dei detenuti”

Padre Vittorio Trani, cappellano della casa circondariale di Regina Coeli di Roma, autore del libro ‘Come è in cielo, così sia in terra’ per Edizioni Paoline. È la testimonianza di un’esperienza lunga 50 anni con l’obiettivo di dare ai sacerdoti un messaggio. Spesso quando un sacerdote viene scelto per andare in carcere arriccia il naso, invece voglio dire a tutti che è un’esperienza estremamente positiva perché ci sono due fattori importanti: un’umanità che in carcere si tocca con mano, una ricchezza continua, e la realizzazione del precetto che troviamo nel Vangelo dove Gesù si fa incontrare sotto le vesti di un detenuto. Dietro le sbarre c’è chi guarda al negativo e cerca di attaccarsi alle speranze, questa è l’aria che si respira dentro se si ha la sensibilità per coglierla.

Il giovedì Santo del 2018 Papa Francesco è entrato a Regina Coeli e ha lavato i piedi a dodici detenuti: cattolici, musulmani, ortodosso e indù. Persone che richiamano la realtà del carcere. Uno dei ragazzi musulmani ha pianto tutta la messa, si è sentito privilegiato e è stato pervaso da un’emozione straordinaria che non ha saputo contenere per tutta la messa. Il Papa da quando è stato eletto ha fatto sentire una vicinanza e un calore straordinario da un punto di vista umano. Ogni volta che entra in carcere o in contatto con queste realtà sorprende tutti con un’affermazione: “Anche io avrei potuto percorrere strade diverse che mi avrebbero potuto portare qui”.

Dovere del ravvedimento, la seconda chance, non è rimasta lettera morta però il meccanismo limita molto questa possibilità. Molte di queste persone sono sole, senza famiglia, senza lavoro fuori. Quando interviene la prospettiva di un provvedimento devono presentare un domicilio, e non ce l’ha, un lavoro, e non ce l’ha. Ci sono fattori nella nostra giustizia che limitano tantissimo questa opportunità (della rieducazione dei carcerati ndr.). È necessario diventare sensibili verso le persone che arrivano in carcere che sono uomini e donne che scrivono un capitolo di isolamento e necessita, quindi tutto porta conforto a loro. E poi bisogna aprire le menti al senso di umanità e attenzione all’altro, anche se uno ha sbagliato è sempre un uomo che può essere aiutato ad uscire dal pozzo in cui è caduto.

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