Guerra, Fabretti (antropologo): “Nuovi e vecchi imperialismi ostacolano il progresso, necessario uno standard mondiale sulle risorse”
Ospite della rubrica Sottotorchio di Aldo Torchiaro il professore Giorgio Fabretti, antropologo ed epistemologo.
Aldo Torchiaro: “Partiamo dalla lotta di classe che diventa lotta di specie”.
Giorgio Fabretti: “Io leggo tutte le vicende pandemiche e belliche in un’ottica di lotta di specie. L’errore principale è quello di ritenere che l’uomo sia un sole che gira intorno alla terra, invece è il contrario. In antropologia questa rivoluzione non è stata fatta, si ritiene che l’uomo sia in un certo senso autodeterminato dall’educazione mentre in realtà è all’80% determinato dal proprio Dna che è un piccolo codice nel flusso del codice della natura”.
Aldo Torchiaro: “Ci sta dicendo che il contesto antropocentrico mette oggi l’uomo al centro di una macchina che però finiamo per demolire”.
Giorgio Fabretti: “Ci mettiamo fuori sincrono perché il Dna è come una molla che tende solo a diffondersi. Quindi ha creato il boom demografico e noi oggi abbiamo una specie identica a quella della savana, tarata per 33 persone a gruppo familistico che oggi è diventata 33 milioni delle megalopoli. Noi abbiamo un Dna che non ci consente di autogestire l’espansione a mandria di 33 milioni di individui a megalopoli”.
Aldo Torchiaro: “Il professor Fabretti è stato in 172 paesi del mondo a studiare l’evoluzione e l’involuzione ed ha anche esaminato da vicino come si comporta l’uomo nei conflitti”.
Giorgio Fabretti: “Nella teoria darwiniana l’uomo diventa un essere che deve morire. Noi individui facciamo di tutto per vivere ma dobbiamo morire. Siamo tutti legati all’istinto di sopravvivenza ma è un istinto a tempo quindi o noi sappiamo dosare questo tempo o facciamo disastri. Venti ominidi prima di noi si sono estinti, ora tocca a noi. Nel caso nostro questi cicli sono più brevi perché abbiamo ceduto di più quindi noi stiamo già lavorando alla mutazione genetica verso il posto umano in chiave terapeutica proprio perché c’è la coscienza di questa esistenza che sta per terminare. Involuzione quindi e non evoluzione, che fu un concetto imposto dalla moglie e dal prete della moglie a Darwin, che lo rifiutò per ben 20 anni”.
Aldo Torchiaro: “Come avviene questo testacoda tra evoluzione e involuzione?”
Giorgio Fabretti: “La base è l’involuzione, cioè devi morire, ti devi estinguere. Però estinguendoti la natura ti da una chance: la mutazione. Quindi estinzione mutante: tu in linea di massima come sapiens scompari ma scomparendo fai una variante come sapiens che resta in un’altra forma che non è più evoluta, questo evoluto è un apologetico dei preti e delle ideologie, in realtà è la natura, la selezione naturale che decide cosa sia evoluto o meno”.
Aldo Torchiaro: “Parliamo di conflict resolution”.
Giorgio Fabretti: “Ci sono dei limiti che sono genetici, noi attraverso l’addestramento, l’ammaestramento, riusciamo a fare alcune cose ma non tutte. Se noi chiediamo all’uomo di fare sempre la pace non sarà in grado perché il Dna è fatto per essere bradi come i polli liberi allevati a terra a gruppi familistici di 33. Questo per milioni di anni. E’ un branco però ridotto, nel momento in cui noi questo branco lo ampliamo con la tecnologia che come benzina ha l’espansione del Dna, aggraviamo il disadattamento. Quindi il cosiddetto disagio della civiltà ha una natura ambientale e non politica, la politica è una forma di palliativo di questa limitazione di specie”.
Aldo Torchiaro: “E poi c’è il tema dell’aggressività che tocca tutto. Esiste un’antropologia dell’aggressività che ci consente di studiare e destrutturare il fenomeno?”.
Giorgio Fabretti: “Ci si sono dedicati in moltissimi a cominciare da Marx ma soprattutto Freud. L’alienazione di cui parla tanto Marx non è solo del salario perché una volta abbiamo visto che anche se abbiamo tanto salario continuiamo a litigare più di prima. E’ un disadattamento dovuto al fatto che noi siamo sereni se interagiamo serenamente con 33 persone. Se diventano una folla incontrollabile di 33 milioni diventiamo tutti insofferenti a noi stessi”.
Aldo Torchiaro: “Lei ha attraversato 51 guerre in tutto il mondo, ci racconta qualche aneddoto?”
Giorgio Fabretti: “Ho cominciato con la guerra in Vietnam dove per le mie conoscenze comuniste ero accreditato per Paese sera sia con i vietcong che andavo a trovare la sera sia con gli americani, ufficialmente, per cui la mattina ero all’ambasciata con la Cia. La stessa cosa ho fatto in Afghanistan dove sono stato per tre anni. Ho conosciuto personalmente tutti i massacratori del genocidio cambogiano e tutti i loro oppositori, questo significa studiare il conflitto”.
Aldo Torchiaro: “Il conflitto in Russia, Putin, l’aggressività. Di cosa ci parla l’attualità di cui siamo testimoni?”
Giorgio Fabretti: “Io sono un federalista mondiale, credo nell’unità di tutte le Nazioni e in un governo delle Nazioni unite. Purtroppo su questo progresso ci sono dei grossi ostacoli che sono i nuovi imperialismi o i residui dei vecchi imperialismi. Finché ci saranno questi arroccamenti, per esempio della Russia sulle risorse o della Cina sulla manodopera, e non si riuscirà a fluidificare questo in uno standard mondiale, sarà come nel Medioevo con gli assedi, solo che oggi viene fatto tutto in chiave tecnologica enorme”.