Sotto Torchio - 21 Giugno 2022

Folena: “Io italofrancese dico: quanto ci vorrebbe un Mélenchon anche da noi”

“Ben ritrovati ad un nuovo approfondimento di Sottotorchio. Oggi in studio con me Pietro Folena, che oltre ad essere stato segretario della federazione giovanile comunista
e, oggi, imprenditore nell’ambito culturale, nonché cittadino italo-francese. E proprio da questo partiamo per parlare delle elezioni in Francia. Lei ha votato, e per chi ha votato?”.

“Ho votato in modo digitale dall’Italia, al primo turno ho votato per il candidato unitario della sinistra, al primo turno non è passata
quindi ho poi votato, al secondo turno, per la candidata di Macron”.

“Due personalità centrali, quella di Macron e di Melenchon…”

“Non ho una particolare fascinazione per Melenchon, fa parte di quella tradizione socialista massimalista francese antieuropea, ma l’operazione politica costruita con
queste elezioni – con i verdi, con i socialisti – è stata un’operazione di grandissima intelligenza e il vero vincitore è proprio Melenchon, non la Le Pen.
Tuttavia questo avanzamento della Le Pen, nel meccanismo del doppio turno, si sarebbe potuto evitare se il partito dui Macron avesse sostenuto i candidati di sinistra
ricreando quel front Republiquen, quella grande alleanza antifascista, che ha sempre funzionato in Francia.
Invece, gli elettori di Macron sono stati invitati a non scegliere e il risultato sono stati questi 89 seggi”.

“L’assemblea nazionale precipita nell’incognito, questo il titolo di Le Monde. Perché?”

“Macron ha perso le elezioni e l’errore è stato quello di non cogliere già nelle presidenziali un bisogno di sinistra che c’era palese
e che l’avrebbe dovuto portare a formare un governo e a lanciare un messaggio all’elettorato di sinistra. Purtroppo non è stato fatto
e la conseguenza è che la sinistra ha ottenuto un clamoroso successo. Io credo che il Macron che vedremo sarà sicuramente più debole di quello che abbiamo visto in questi anni”.

“Quali equilibri ci aspettano in Francia?”.

“Grandissima incertezza politica come c’è in Germania e in Italia. E questa incertezza politica è anche un’incertezza strategica sulla collocazione dell’Europa.
Macron aveva, anche come presidente di turno dell’Europa una grandissima carta in mano, dopo la sua rielezione, da giocarsi con Putin, per far finire la guerra.
Ha deciso di non giocarsela, in questo tristissimo viaggio fatto in treno da Macron, Scholtz e Draghi, che è un po’ la dimostrazione di un’Europa senza personalità”.

“Eppure senza un’Europa più forte non ci sarà una trattativa di pace forte…”

“Sì, infatti io spero che questo risultato della sinistra in Francia, con una spinta che viene da tante altre parti, induca alla pace e che si ascolti la voce dell’unica personalità che a livello globale si è spesa davvero per la pace, che è Papa Francesco. Il provincialismo con cui in Italia si sono commentate queste vicende in questi mesi è
davvero imbarazzante”.

“Renzi dice, ogni euro per la difesa, per la sicurezza, un euro per la cultura. E’ un’equazione che funziona?”

“No, secondo me è una disequazione, bisogna investire nella cultura molto di più sapendo che gli investimenti nella cultura si moltiplicano dieci volte di più”.

“Stai promuovendo delle mostre di natura poliedrica in Italia, in Europa e nel mondo. In questo momento l’ultima iniziativa in corso, a Trento, è la mostra di Bansky, “Building castle in the sky”.

“Noi analizziamo questo artista notissimo a livello globale, lo musealizziamo, lo analizziamo, lo critichiamo, non è uno show a livello immersivo ma è una mostra scientifica e culturale. Bansky, come altri artisti urbani, ha preso il posto che la sinistra ha disertato; quando la sinistra si è omologata al pensiero unico tardo liberista c’è stata un generazione
di musicisti, artisti che ha occupato quello spazio ambientalista, femminista, pacifista, di critica alla globalizzazione, ma di ricerca di un mondo diverso. Ma Bansky è la punta avanzata di questo mondo. Quindi c’è molta politica in questa mostra”.

“E alla sinistra a cui faceva riferimento, non senza una punta di nostalgia, è molto legato. Ha nostalgia di quei tempi, quando era segretario della Federazione giovanile comunista? E perché ha smesso di fare politica?”.

“La nostalgia c’è, ma comunque lavorare sulla memoria è molto importante. C’erano anche tanti difetti in quel mondo, era un mondo sbagliato diviso in blocchi, noi li volevamo cambiare, chiedevamo che si abbattesse
il muro di Berlino, eravamo criticati da partito comunista perché eravamo un po’ estremisti: volevamo il pacifismo, l’Europa unita, dal Portogallo agli Urali. Purtroppo dopo l’89 si è presa un’altra strada,
io credo che ci serva un pensiero nuovo, una sinistra nuova che scomponga le carte. Anche il M5S ha esaurito la sua funzione. Io credo che alcune personalità, come Giuseppe Conte, dovrebbero mettersi
insieme per cercare di aggregare quel mondo ambientalista, socialista, pacifista che in Italia, oggi, non ha voce”.

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