Ucraina, Capuozzo: “Accordo sul grano è uno spiraglio per un negoziato costruttivo, ma la patata bollente è nelle mani di Washington”
La notizia più curiosa in queste ore è il licenziamento della responsabile della Commissione ucraina per i diritti umani che è stata addirittura sfiduciata dal Parlamento e ancora prima dallo stesso Zelensky.
Era stata lei la protagonista della denuncia orrenda sulle violenze che sarebbero state compiute dai soldati russi sul corpo di numerosi bambini. E’ imputata di aver ingigantito quelle notizie e forse addirittura di averle inventate, ciò non vuol dire ovviamente assolvere l’esercito occupante russo da moltissimi crimini di guerra.
Lei ha reagito dicendo che l’Ucraina è un sistema autoritario. Le pare di vivere in un regime autoritario, le hanno risposto accusandola di non aver fatto il suo lavoro per quanto riguarda lo scambio dei prigionieri e di aver trascurato altre idiozie riguardanti i diritti umani.
Quello che ne esce non è sicuramente una democrazia che va salvata a tutti i costi o un campo in cui si gioca la battaglia per la democrazia, per la libertà europea. Certo, è un paese in guerra e anche ogni perplessità nei confronti della democrazia ucraina è lecita – ricordiamo è seconda solo alla Russia quanto a collusione e ha anche essa i suoi oligarchi – sarebbe generoso per l’Ucraina paragonarla alla Russia autoritaria di Putin.
Sembra ci sia un accordo che dia via libera, o mare libero, al grano ammassato nel porto di Odessa grazie alla mediazione di Erdogan che va affermandosi con questa opera di mediazione come un qualcosa di più di un leader regionale. Il grano andrebbe scortato da navi turche e andrebbe a destinazione verso i paesi dell’Africa nei quali la sua assenza potrebbe scatenare carestie e ondate migratorie.
E questo accordo forse è anche uno spiraglio che prelude a un negoziato più costruttivo di quanto siano stati i due tentati fino ad ora. Ma a mio avviso nel mentre la Russia in qualche modo potrebbe accontentarsi di quanto ha già conquistato sul terreno, praticamente l’intero Donbass, e Kiev che dovrebbe inghiottire un rospo amaro dopo tre mesi di guerra, milioni di profughi e migliaia di morti.
Credo che la patata bollente però sia nelle mani di Washington che dovrà decidere – e la Nato a suo seguito – se intraprendere una guerra lunga per riconquistare la sovranità che l’Ucraina ha perso su buona parte del Donbass ormai da otto anni oppure se si tratterà di far inghiottire a Zelensky delle rinunce dolorose ma necessarie per fermare la guerra.
Di Toni Capuozzo