Giustizia - 18 Gennaio 2023

La storia di Mario Tirozzi, 22 mesi in carcere da innocente: “La mia vita distrutta da un errore giudiziario”

Una notte, all’improvviso, i carabinieri bussarono alla porta di Mario Tirozzi. Avevano per lui in mano un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Mario, che all’epoca aveva 31 anni, non capiva assolutamente perché: in pochi minuti si trovò in una macchina dei carabinieri che lo portavano a sirene spiegate nel carcere di santa Maria Capua Vetere. L’accusa nei suoi confronti era quella di essere un Narcotrafficante internazionale di stupefacenti. Peccato che Mario fosse solo un commerciante internazionale di fiori, un mestiere che la sua famiglia porta avanti da generazioni. In primo grado Mario è stato condannato a sette anni di reclusione, in Appello arriva l’assoluzione. Ma intanto ha trascorso ventidue mesi in carcere da innocente. Due anni di processo, fra primo e secondo grado. L’assoluzione. E poi ancora cinque anni per ottenere quello che la legge prevede, e cioè il diritto a un risarcimento per chi patisce un’ingiusta detenzione. In prima battuta quel diritto i giudici glielo negano addirittura, con una motivazione che si fa fatica a credere: “Non ha collaborato”. Ma come poteva collaborare se era innocente? Mario ha perso 7 anni anagrafici della sua vita per un errore “ma personalmente e moralmente sono 700, oltre a tutti i danni economici che abbiamo subito io e le mia famiglia. Non c’è cifra che possa ripagare tutto questo, dice Mario. E poi resta da ferita incancellabile di tutti il dolore subito. “L’opinione pubblica non aspetta che ci sia un processo, ti sbattono in prima pagina. Tutti si occupano di quel momento ma mai dell’assoluzione”, racconta. E così oggi Mario racconta la sua storia in ogni occasione, affinchè le persone capiscano cosa vuol dire essere messi alla gogna, soprattutto se si è innocenti. Oggi Mario sta riprendendo in mano la sua vita: si è sposato appena è uscito dal carcere e con un gruppo di amici si è reinventato e ha aperto una pizzeria a San Nicola La Strada, in provincia di Caserta. Si chiama “Apprendista Pizzaiolo”, perché nella vita c’è sempre da imparare. “Questo progetto, realizzato con alcuni amici, è la mia rivalsa. Lo devo alla mia capacità di resilienza e a chi mi è sempre stato accanto in questi anni difficili, alla mia famiglia da cui ho ereditato lo spirito di sacrificio e la passione per il lavoro”, racconta Tirozzi provando a lasciarsi alle spalle il calvario a cui lo ha costretto quella che spesso impropriamente viene chiamata giustizia.

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