La Contro-Rassegna - 18 Agosto 2022

Suicidio assistito, Prado: “Per Avvenire è un ‘triste via libera’. Ma è peggio costringere, chi non vuole, a continuare a vivere”

“Oggi diversi giornali e diverse testate si occupano della notizia relativa all’ultimo caso di suicidio assistito che sarebbe stato consentito e che si approssimerebbe a realizzarsi. Noi per queste vicende spesso ci rivolgiamo ad Avvenire, che costituisce un osservatorio particolare, diciamo così, e anche oggi lo facciamo. Avvenire se ne occupa con un articolo che parte in prima pagina e è titolato così dice il triste via libera al secondo suicidio assistito in Italia. E poi spiega Dopo Federico Carboni, nominato Mario fino al momento della morte, a un’altra persona è stata spianata la strada verso il suicidio assistito. Si tratta di Antonio, eccetera eccetera. Allora a noi pare che già l’uso di questa dicitura spianata alla strada in relazione a una scelta come quella di porre fine alla propria esistenza. Ora non vogliamo dire che si tratti di una scelta, una dicitura, di un uso inelegante. Ma insomma, diciamo che si tratta forse dell’adozione di un modo di parlare, diciamolo, in maniera un po’ ellittica, non contrassegnato da questa grossa sensibilità. Ecco, ma è il titolo poi che esprime davvero il garbuglio di queste faccende di questa in particolare perché, ricordiamolo, dice “il triste via libera”. Ma… triste per chi? Triste per cosa? Ovviamente Avvenire come chiunque altro ha pieno diritto di considerare triste La scelta di una persona di porre fine alla propria vita, ma si ha il sospetto che il sotto testo sia un altro, e cioè che sia triste per Avvenire, che questo sia consentito a quella persona. È un’altra considerazione. Tra le tristezze di cui ci si dovrebbe occupare nella valutazione, nell’osservazione di queste faccende, forse quella che merita il primo posto, quella più meritevole di considerazione e di rispetto è l’eventuale tristezza del soggetto implicato. Non di chi lo guarda, non di chi lo osserva. E magari considerare che tra le tristezze di cui tenere conto c’è quella ipotetica, dell’implicato il quale ritenga più triste, insopportabilmente triste, continuare la vita che non ha voglia di continuare”.

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