News - 3 Maggio 2021

Smart working, tra pro e contro: “Aumenta la produttività ma impedisce la conoscenza attraverso i sensi”

Incalzati dalla pandemia, abbiamo imparato a familiarizzare con il concetto di Smart Working, una forma di lavoro “agile”, “intelligente”, che stravolge le modalità di esecuzione storicamente legate al lavoro subordinato, sganciandolo dai tradizionali vincoli spazio-temporali. Un accordo stipulato tra lavoratore dipendente e datore di lavoro garantisce al primo  flessibilità e autonomia dei tempi e dei luoghi di produzione, a vantaggio di un riequilibrio orario tra tempo lavorativo e tempo libero,  al secondo la possibilità di ottenere un aumento sensibile della produttività e tangibili risparmi. Ma gli aspetti della vita lavorativa che vengono sacrificati, accettando acriticamente la formula lavorativa “smart”, non sono pochi. Ne abbiamo parlato con Luigi Maria Sicca, Professore Ordinario di Organizzazione aziendale e di Comportamento organizzativo dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Il dipartimento che ci accoglie trabocca d’arte. Quadri, bozzetti, schizzi alla lavagna: il contesto estroso e creativo preannuncia la filosofia che sostiene in filigrana la riflessione del Professore sul lavoro smart. “Solitamente le innovazioni con grande impatto sociale scatenano i sentimenti più disparati tra tutti noi che ne siamo coinvolti. Così è anche per lo smart-working che da alcuni è demonizzato, da altri vissuto come una specie di miracolo che cambierà le sorti del mondo”.

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