Sotto Torchio - 6 Maggio 2022

Roberto Savio presenta Manuale per cambiare il mondo: “L’ho fatto per i giovani”

Ospite della rubrica Sotto Torchio condotta da Aldo Torchiaro su Riformista Tv, il giornalista fondatore dell’agenzia IPS, nonché attivista per la pace, Roberto Savio.

Subito un’analisi sul tempo corrente: “Siamo in un periodo di trasformazione profonda e radicale, vediamo la fine della guerra mondiale con la costruzione di un sistema multilaterale. Cioè i Paesi decidono di lavorare insieme per la pace e lo sviluppo. Collaborazione basata su dei valori. Questa formula che va avanti fino agli anni ’80 è una formula che poi si disgrega perché a cominciare da Reagan e seguito dalla Tatcher hanno detto: ‘Facciamo una politica come ci conviene’. Per cui le Nazioni Unite vengono svuotate delle loro funzioni più importanti e vengono creati altri sedi d’incontro come G8, G20, Davos e nasce l’idea ‘io competo e sono più forte’. Così da un mondo multilaterale siamo tornati a un mondo multipolare. Erdogan in Turchia, Orban in Ungheria, Bolsonaro in Brasile, tutti cercano di avere un proprio spazio. I Paesi più forti come la Cina, gli Usa e la Russia si affrontano in un gioco di potere che sta portando a una guerra che può diventare mondiale. Dal 1980 non c’è più nessuna guerra locale: in Siria ci sono 12 Paesi che si confrontano. E la cosa che preoccupa di più è che non sappiamo dove andiamo. Von Clausewitz diceva che le guerre si fanno per vincere, qui non si sa perché si sta facendo questa guerra. Prima era per l’indipendenza dell’Ucraina, ora è per ridurre l’esercito russo, ora per far cadere Putin”.

Sulla pace: “Oggi il movimento per la pace ha ragioni complesse. Nella società civile ci siamo andati dividendo per campi d’impegno: clima, diritti umani etc. La pace poi va dalla non-violenza fino alla lotta per impedire gli armamenti. All’interno della sinistra italiana abbiamo posizioni diverse. C’è chi vede in Putin la continuazione dell’Urss o un amico di Salvini, Orban o Trump. Poi ancora, la politica non sta più a sentire i cittadini, vivendo una vita propria, autoreferente”.

“Nella nostra lingua c’è un problema – prosegue – abbiamo una sola parola: Politica. In inglese ce ne sono due, politics come politica quotidiana, policy come politica di visione e strategie che in Italia non c’è più. Quindi vedo un mondo in cui le idee stanno diventando marginali, la politica è diventata un fatto di marketing, di relazioni pubbliche dove si insegue il voto senza temi fondamentali”.

Oggi esce il nuovo libro di Roberto Savio pubblicato insieme a Giuliano Ricci ‘Manuale per cambiare il mondo’ pubblicato per Massari.

“L’ho fatto perché parlando con i giovani mi sono accorto quanto la mancanza di letture saltuarie e l’uscita dal mondo reale per andare sempre più in quello virtuale, che con il metaverso diventerà fondamentale, fa si che non conoscano bene il mondo in cui vivono. Ne hanno un’idea estremamente approssimativa. Se parlo con loro, ad esempio, del tema della demografia che fa si che fra 20 anni li renderanno una minoranza e quindi la categoria che conta meno nelle votazioni, non ne hanno la più pallida idea. Se parlo con loro di finanza e sistema sociale in cui coloro che oggi hanno tra 18 e 25 anni andranno in pensione con 480 euro mensili (cifra dell’organizzazione internazionale del lavoro), non ne hanno nessuna idea. Per questo ho fatto un libro dove affronto punto per punto i 18 temi fondamentali del nostro tempo”.

Al termine, c’è il tempo per il racconto di un’intervista speciale: “Quando ero direttore per la Rai dell’America Latina andai in Venezuela per un’inchiesta sulla guerrilla venezuelana, arrivando alla conclusione che non avrebbero avuto alcun modo di vincere. Quando mi trovai a cuba nel ’72 fui svegliato in piena notte dagli uomini comandante Che Guevara e portato da lui. Quando entrai nella sua stanza mi disse: ‘Che è questa storia che la guerrilla venezuelana non riesce?’, allora avemmo una lunga conversazione durata dalle 2 di notte alle 6 della mattina dove gli spiegai le mie ragioni ed ebbi l’impressione di un uomo ricco di umanità ma assolutamente chiuso sul piano ideologico. Però mi continuava a fare domande su domande finché non mi congedò con un libro che mi dedicò. Passarono molti anni da quell’episodio quando un senatore venezuelano quando si trovò a Roma venne a trovarmi e mi disse: “Ci hai fatto passare una mattinata terribile perché dopo che hai parlato col Che, lui venne da noi (tutti i leader della resistenza erano riuniti segretamente nella sua residenza), ci ha svegliato e ci ha detto ‘qui c’è stato un Tano (soprannome dato agli emigranti italiani in Argentina e Uruguay) che ha detto queste cose e ora voi dovete risponderne’”. Il Che aveva imparato tutto quello che ci eravamo detti e ho quindi scoperto che quest’uomo che sembrava una persona ideologicamente chiusa aveva usato la nostra conversazione per un dibattito interno con i guerriglieri venezuelani”.

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