La Contro-Rassegna - 30 Giugno 2022

Prado: “Caro Cazzullo, essere contro il carcere non significa essere contro lo Stato Italiano”

Uno spettatore della nostra rubrica mi segnala un fatto interessante sul Corriere della Sera di ieri. In particolare dalla rubrica delle lettere di Cazzullo, che si occupa di carcere. Rispondendo ad un suo lettore Cazzullo scrive che da anni si discute di come svuotare le carceri anziché costruirne di nuove. E Cazzullo sostiene che sul tema vi siano due posizioni: quella rigorista, secondo la quale bisognerebbe lasciarli ‘marcire in galera’, ‘buttare la chiave’, che è una retorica che Cazzullo ripudia. E poi c’è quella garantista, quella per cui il carcere sarebbe una punizione medievale, una punizione insopportabile, un retaggio del passato. Cazzullo aggiunge, è normale che nessuno debba marcire in carcere, non ci sono chiavi da buttare, ma è altrettanto vero – forse meno evidente – che il rifiuto del carcere è un altro aspetto della mentalità italiana del rifiuto dello Stato.
Ora, noi non sappiamo se vi sia una classica mentalità italiana che rifiuta lo Stato, ma rifiutare la concezione della pena così come è concepita non è rifiutare lo Stato ma contestare che lo stato concepisca in questo modo la retribuzione del delitto. Per varie ragioni, come forse a Cazzullo non sfuggirà, poiché si ritiene che l a funzione retributiva in realtà non retribuisca nulla, perché si ritiene che in realtà non abbia nessuna efficacia nemmeno alla luce dei principi costituzionali della rieducazione. Insomma, una lunga teoria di motivazioni che fanno che sì che per taluni la pena sia meritevole di abolizione. Ma che tutto questo denunci un rifiuto dello Stato, bè è una pura idea di Cazzullo.
Denuncia semmai il rifiuto dello stato che così concepisca il sistema penale; sono cose molto diverse.

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