Cronaca - 14 Giugno 2022

Le ultime ore di vita di Elena: l’abbraccio alla madre e il saluto a scuola prima di morire 

Aveva pianificato tutto Martina Patti, la 23enne accusata dell’omicidio della figlioletta di 5 anni, Elena Del Pozzo, avvenuto nel primo pomeriggio di lunedì 13 giugno a Mascalucia, in provincia di Catania. Dal finto sequestro alle fantomatiche minacce rivolte dal commando e relative a vecchie vicende giudiziarie dell’ex convivente, Alessandro Del Pozzo, 24 anni. La giovane mamma ha confessato di aver ucciso la bambina, colpita con diverse coltellate al collo, all’orecchio e alla parte superiore della schiena prima di sotterrarla parzialmente in un terreno distante circa 600 metri dalla sua abitazione, all’interno di ben cinque sacchi di plastica.

Ha confessato di aver ucciso la piccola Elena senza però spiegare il movente. Il coltello non è stato ancora ritrovato così come non è ancora chiaro dove è avvenuto l’omicidio: se all’interno dell’abitazione (anche se la Scientifica non ha rinvenuto tracce di sangue, forse ripulite dalla donna) o nelle immediate vicinanze. Un omicidio raccapricciante, orribile dettato – secondo una parziale ricostruzione degli investigatori non confermata dalla donna – dalla gelosia che provava nei confronti dell’ex compagno e della sua nuova fidanzata. Martina temeva che la piccola Elena si legasse sempre di più alla nuova ‘donna’ del genitore, così avrebbe attuato il piano diabolico procurandosi dalla mattina di lunedì 13 giugno pala e zappa, già posizionate nel giardino di casa, e organizzando la messa in scena del rapimento che non ha convinto, sin dalle prime battute, i carabinieri e la procura di Catania.

Troppe le incongruenze nel racconto fornito, in sede di denuncia, dalla donna. Dal tragitto fatto dopo essere andata a prendere la figlia a scuola, intorno alle 13, alle parole attribuite ai fantomatici rapitori e riconducibili a una lettera anonima inviata all’ex convivente nel marzo del 2021, quando si trovava agli arresti domiciliari dopo alcuni mesi di carcere perché accusato di rapina (accusa poi caduta nell’autunno del 2021). L’attività degli investigatori ha potuto ricostruire nel dettaglio il percorso fatto dalla donna con le telecamere di videosorveglianza che hanno cristallizzato l’inesistenza del commando armato che avrebbe sequestrato la piccola Elena.

Martina infatti dopo aver prelevato alle 13 la figlia a scuola (nel video diffuso dai carabinieri si vede la piccola abbracciare la donna e poi salutare amici, amiche e maestre), ha raccontato di essere intercettata lungo la strada da un’auto con persone a bordo armate ma dalle telecamere è la sola auto della donna a transitare in quella fascia oraria. Dopo il finto-rapimento, la donna non si è recata subito dai carabinieri a denunciare l’accaduto ma è passata a salutare prima un amico per gli auguri dell’onomastico (ieri era san Antonio) poi alle 15 ha chiamato l’ex compagno e poi i suoi genitori per comunicare la scomparsa della bambina. Successivamente si è presentata dai carabinieri della Tenenza di Mascalucia dove, in lacrime, ha iniziato a raccontare quanto pianificato in precedenza.

Nel corso della conferenza stampa, i carabinieri del Comando Provinciale di Catania hanno riferito che domenica, la sera prima dell’omicidio, Elena ha dormito a casa del padre e dei nonni paterni. In quella circostanza – stando alle testimonianze raccolte nel corso di indagini serrate e concluse in circa 18 ore – la piccola si sarebbe trovata molto bene con la nuova compagna del genitore, circostanza che avrebbe ancora di più alimentato la gelosia di Martina Patti. Ieri mattina ad accompagnare la bimba a scuola è stata la sorella del papà. Poi alle 13 l’inizio della fine, con Elena che saluta tutti, abbraccia la madre e va incontro a una morte violenta e assurda, determinata da chi l’ha messa al mondo. 

Patti è destinataria di un decreto di fermo di indiziato di delitto nei confronti perché ritenuta responsabile di omicidio premeditato pluriaggravato della figlia, nonché della soppressione del cadavere sotterrandolo. Le indagini hanno consentito di ricostruire, seppur in una fase procedimentale caratterizzata dall’assenza del contraddittorio, i reali accadimenti e di definire la responsabilità personale a seguito della denuncia presentata dalla stessa madre della piccola, quando, suscitando un gravissimo allarme sociale, veniva segnalato il sequestro della predetta Elena ad opera d un non meglio indicato gruppo di uomini incappucciati che, verso le 15, dopo aver bloccato l’autovettura condotta dalla madre lungo la via Piave e minacciatala mediante una pistola o una mazza, l’avrebbero rapita, preannunciandone la morte.

Nella circostanza, secondo quanto riferito dalla donna, l’episodio sarebbe una conseguenza del comportamento dell’ex compagno per non aver ascoltato precedenti messaggi minatori fattigli recapitare presso la propria abitazione in ragione del tentativo posto in essere di individuare il reale complice di una rapina ai danni di una gioielleria di Catania al posto del quale venne arrestato il 15 ottobre 2020 e successivamente assolto nel settembre 2021 per non aver commesso il fatto.
Le prime risultanze investigative, anche grazie alla tempestiva acquisizione di idonee telecamere di videosorveglianza, hanno consentito di accertare la mancata corrispondenza al vero del fatto denunciato, attesa l’assenza di gruppi “armati” in via Piave nelle fasce orarie indicate e nonostante una strenua difesa ad oltranza della propria versione da parte della Patti.

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