Napoli - 19 Novembre 2021

Gomorra esempio negativo, D’Amore spegne giornalista: “Si venga a fare un giro, lo Stato non esiste”

“Anche Gratteri può sbagliare, nessuno è infallibile. Si venga a fare un giro con noi a Scampia, Ponticelli, Caivano, così si rende conto che in questi territorio lo Stato non c’è. I giovani con Gomorra si fanno quattro risate”. Risponde così Marco D’Amore, l’attore protagonista con Salvatore Esposito nella serie di Gomorra che venerdì 19 novembre partirà ufficialmente con la sua quinta e ultima stagione. 

Nella conferenza stampa di presentazione dei giorni scorsi, l’attore casertano che interpreta Ciro Di Marzio risponde stizzito a un ritornello che va avanti da anni e che può essere considerato attendibile solo da chi non conosce davvero le realtà di Napoli, ma anche di tantissime zone dell’Italia, dove lo Stato fatica a imporre la sua presenza. Una presenza che non riguarda solo la prevenzione e la repressione delle forze dell’ordine e degli organi inquirenti ma riguarda anche i servizi essenziali che dovrebbero essere garantiti (scuola, strutture ricreative) oltre alla cronica assenza del lavoro, soprattuto a livello giovanile.

“Robbè  (Saviano, ndr) scusami se parlo di getto ma sono dieci anni e non ce la faccio più con questa storia” sbotta D’Amore dopo la domanda di un giornalista relativa agli esempi positivi che nella serie mancano. Una domanda retorica e ricca di quel buonismo tipo, probabilmente, di chi vive in realtà completamente astratte rispetto alla quotidianità disarmante di certe periferie partenopee. “Questa non è una serie sulla criminalità, ma è una serie sui poteri” esordisce il giornalista citando una frase pronunciata da Roberto Saviano. “Mi piace citare De Andrè e la canzone ‘Non ci sono poteri buoni’ -prosegue il cronista -. Io credo da cittadino, da ricercatore, da giornalista, che ci siano poteri buoni. E in questa serie c’è una totale assenza dello Stato. E io credo che lo Stato sia un potere buono. Mi domando se voi a distanza di molti anni non credete che questa serie abbia contribuito…”. 

Il collega non fa in tempo a completare la domanda che viene interrotto da D’Amore che replica stizzito: “Ha citato procuratore, cantanti, tutte persone che non sono infallibili. Perché anche Gratteri (che in passato si è espresso negativamente sulla serie, ndr) può sbagliare, anche Cafiero De Raho può sbagliare. Soprattutto – incalza – può sbagliare chi come lei non si è mai fatto un giro a Scampia, non si è mai fatto un giro a Secondigliano, a Barra, a Caivano, a Ponticelli. Voi quello che non sapete che, ve lo dico con il dolore nel cuore, i ragazzi con Gomorra si fanno quattro risate. Perché non siamo noi l’esempio negativo, perché ce l’hanno tutti i giorni davanti agli occhi nei luoghi dove lo Stato non esiste”.

Poi la conclusione tra gli applausi: “Allora lei che è un giornalista, il cui principio fondamentale è la conoscenza, ospite mio e di Salvatore (Esposito, ndr) si viene a fare un giro così le ritorna a casa e sono convinto che cambierà drasticamente, non il suo punto di vista, ma l’acredine con cui porta le sue domande”.

Basta leggere i recenti fatti di cronaca, quelli relativi solo agli ultimi mesi, per rendersi conto che lo Stato, in tutte le sue forme, in alcuni quartieri e comuni di Napoli è latitante. Omicidi di giovanissimi, far west in strada, rapine, scippi. Insomma la serie Gomorra passa, così come  il film “Il camorrista” su Raffaele Cutolo e altre opere cinematografiche, ma la carenza cronica delle istituzioni è una triste conferma. 

Lo stesso Saviano, in sede di presentazione, ha sottolineato: “Nessuno diventa criminale perché ha visto Gomorra, così come nessuno è diventato trafficante vedendo Breaking Bad. Moltissimi ragazzi nel mondo si riconoscono in Tony Montana di Scarface perché vedono ogni giorno quel tipo di figura e ci si specchiano”. Di certo, nel mondo reale Gomorra non è ancora finita: “A Napoli -dice a LaPresse – ci sono ancora due morti al giorno. Napoli è in piena faida, ma non c’è più attenzione su questo tema. Il crime, così come la rappresentazione, attira molta attenzione nel pubblico mentre la cronaca no”.

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