Sotto Torchio - 19 Aprile 2022

Di Giovan Paolo: “La sinistra quando vince non convince. Spesso gestisce un’agenda che non è sua”

Per la rubrica Sotto Torchio condotta da Aldo Torchiaro su Riformista TV, ospite di oggi il saggista ed esperto di comunicazione Roberto Di Giovan Paolo, già senatore tra il 2013 ed il 2018.

Subito una riflessione sul conflitto in Ucraino all’interno di un contesto geopolitico dettato da nuove logiche. “Questo è un passaggio di ciclo, dove nel mezzo troviamo le vite delle persone – argomenta – Il primo ciclo è finito con la guerra fredda tra l’’89 e ’90. Si è creato un equilibrio. E la Russia, che più di tutti soffre ciò, ha aperto in maniera tragica un nuovo dibattito politico sul ruolo che assumerà nel prossimo futuro nel contesto internazionale”.

Torchiaro riprende dunque Gramsci a proposito di un vecchio mondo che termina ed uno nuovo che stenta a nascere. Di Giovan Paolo: “Siamo in questo interludio con in più la difficoltà del fatto che gli ultimi trent’anni sono stati vissuti con una certa irresponsabilità, immaginando magari che il mondo si sistemasse da solo”.
Se abbiamo erroneamente dato troppa fiducia alla Russia: “Non potevamo non fidarci. Era comunque un membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, uno dei vincitori della seconda guerra mondiale. Soltanto che quell’equilibrio ormai è finito. Parliamo di un equilibrio in cui potevamo avere il gas, le relazioni internazionali, Albano e a suo tempo Claudio Villa in Unione sovietica. Oggi, tutto ciò è finito”.

Torchiaro richiama l’attenzione su un articolo di Repubblica: dalle carte del Russiagate emerge un quadro di interferenze tra i servizi italiani e quelli americani al tempo del primo governo Conte. Si parla infatti di situazioni conviviali tra l’allora capo del Dis Vecchione ed il segretario alla Giustizia americano Barr, negate in precedenza da Conte, nelle quali si sarebbe trattato a proposito della presunta attività ai danni della campagna elettorale di Trump ‘ordita da Matteo Renzi’. A fronte dei fatti, così Di Giovan Paolo: “Parliamo di sudditanza politica. Un tempo c’erano i servizi italiani che prendevano relazioni ufficiali con gli omologhi americani, riconoscendone l’importanza o comunque perché alleati. Allo stesso modo, prendevano relazioni con gli agenti del Kgb della stazione di Roma in maniera consona. Qui invece c’è la confusione e la gioia di parvenu, giunti alla politica in maniera simpatica e divertente”. Chiosa con un confronto sulla caratura di Alcide De Gasperi che alla conferenza di pace di Parigi nell’agosto del ‘46 affermava: “Tutto tranne la vostra personale cortesia è contro di me”.

La rubrica approfondisce poi su “Un’altra storia”, l’opera del saggista in uscita proprio in questi giorni. “Si presenta con il sottotitolo ‘Se 40 anni di Thatcher e Reagan vi sembrano pochi’, che per un giornalista può considerarsi un assunto importante – Spiega Di Giovan Paolo – La mia tesi è questa: la sinistra, quando vince, convince poco. Soprattutto non esercita quell’egemonia culturale che alcune volte gli viene rimproverata. E quasi sempre gestisce un’agenda che non è sua. Con ‘Un’altra storia’, venendo io da un’altra storia – quella della sinistra DC e dei cattolici democratici, che David Sassoli ha ricordato a molti – non avevo rispetto agli altri una zavorra che non mi permettesse di rispondere all’interrogativo sulla sinistra”.

Di Giovan Paolo spiega perché secondo lui se la sinistra vince, comunque alla fine non convince:: “Molto semplicemente perché sono quarant’anni che non ha risolto il problema di Thatcher e Reagan. Sono dei demoni, oppure no ma ignoriamoli. Oppure ancora, utilizziamoli ma senza dirlo. Ecco, alla fine l’agenda la fanno sempre Thatcher e Reagan. È ora di consegnarli alla storia”. A proposito di Tony Blair, prosegue: “È figlio di una damnatio memoriae che la sinistra pratica molto. Clinton e Blair sono i primi che cancellano Reagan e Thatcher, avendo di nuovo una correlazione col popolo e non solo col popolo progressista, altro grande problema della sinistra. Non bisogna parlare ai propri amici ma anche agli altri. Clinton e Blair lo fanno”.

Torchiaro porta il saggista a riflettere poi sulla crisi dei rapporti diplomatici con la Russia. E se ci siano dei responsabili, anche a sinistra: personalità come Romano Prodi o l’ex cancelliere tedesco Schröder. “Non si poteva tener conto della Russia – così Di Giovan Poalo – Il problema è che noi abbiamo gestito quella roba come se fosse rimasta immutata. Quella non era la Russia, bensì l’URSS fino al ’93. Poi è stata l’Unione degli Stati indipendenti che non ha funzionato. Poi ancora è diventata la Russia, continuando a parlarci come se fosse la stessa cosa”. Cosa occorrerebbe dunque: “Un po’ di studio delle cose che accadono, un po’ più di relazioni ed un pochino in più di lungimiranza. Dopodiché il problema non è il quaranta percento di gas russo, piuttosto il non poter gestire l’energia al quotidiano. Il problema italiano è manutenzione ordinaria non straordinaria.

Riprendendo i passaggi del saggio, Torchiaro converge la discussione a proposito dell’esportazione della democrazia, tentativo ricercato tanto da Clinton quanto da Blair. La sfida difficile sarebbe esportare la democrazia a Mosca, che dagli Zar ha vissuto dapprima la dittatura del proletariato e poi quella di Putin. “L’unico tentativo, peraltro fallito, è stato quello di Yeltsin. Bisogna dire che l’esportazione della democrazia non funziona. Piuttosto, funziona l’importazione di democrazia. Questo in Russia non è ancora avvenuto. D’altronde a cosa serve la politica. La Russia ha l’ottanta percento della popolazione in Europa ma non può naturalmente entrare nell’Unione Europea. Analogo problema vale per la Turchia, alla quale abbiamo detto per almeno venticinque anni che sarebbe stata almeno associata all’Europa. Oggi la Turchia sta nella Nato ma non condanna l’invasione”.

Sulla possibilità che il conflitto in Ucraino sia determinato dalla presenza di ingenti giacimenti di gas e di litio al centro del paese: “Questo non lo sappiamo. Tuttavia, oggi ci sono nel mondo trentotto conflitti armati, dei quali tre o quattro dello stesso livello dell’Ucraina. Siccome quattro o cinque in Africa sono determinate per l’accaparramento di minerali rari, non mi stupirei se ciò avvenisse anche per l’Ucraina. Il tema dell’energia è stato centrale negli ultimi trent’anni. Adesso, bisogna fare un nuovo accordo con Stati Uniti, Cina, Russia e se possibile Unione Europea”. Argomento concatenato è l’eurodifesa: “Smantellata già vent’anni fa per diventare la testa di ponte della Nato. Credo sia stato un errore”.

Si conclude discorrendo di elezioni presidenziali francesi e la vittoria di Orban in Ungheria: “Credo che Macron ce la farà. Melanchon si è schierato affermando “non un voto a destra”. Poi sull’Ungheria: “Orban è un pezzo dell’Europa. In Europa c’è una destra conservatrice e nazionalista con cui fare i conti. Alcuni paesi hanno affrontato questo stato di cose. Pensiamo alla Germania. Chi oggi non direbbe che Kohl o Merkel non sono padri e madri della patria. Eppure, sono nati molto a destra. Oggi, la DC tedesca è l’estrema sinistra del partito popolare europeo, qualcosa che succedeva alla DC italiana anni fa”.

Infine, sulla necessità di un leader in Europa: “Urge un leader. Questa fascia tecnocratica ancora non basta. Lo stesso Macron è un tecnocrate, coccolato dalla sinistra socialista francese. Con questo prossimo quinquennio può salvare la Francia e diventare un leader per l’Europa”.

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